In Wilfred Bion la funzione del sogno sostiene il processo attraverso cui la mente trasforma le esperienze emotive grezze in pensieri utilizzabili. Superando la concezione freudiana del sogno come appagamento del desiderio, Bion lo considera una funzione mentale essenziale, attiva anche nello stato di veglia. Questo modello ha influenzato le moderne teorie sulla simbolizzazione, sulla regolazione affettiva e sull’elaborazione del trauma, rendendo il suo contributo centrale nella psicoanalisi contemporanea.
Nell’analisi teorica di Bion la funzione del sogno quale mediatore di sviluppo e trasformazione del pensiero, si pone come un ponte tra la tradizione psicoanalitica classica, con le sue radici freudiane e kleiniane, e le moderne concezioni sul funzionamento psichico, anticipando molte delle attuali prospettive sulla regolazione emotiva, la trasformazione dell’esperienza e il pensiero simbolico, influenzando non solo la psicoanalisi, ma anche la psicologia dello sviluppo, le neuroscienze e la teoria dell’attaccamento.
Bion si distinse per il suo lavoro clinico con i pazienti psicotici e per l’elaborazione di una teoria innovativa i cui principali contributi includono:
- La funzione onirica del pensiero (sostiene che il sognare non sia solo un’attività notturna, ma una funzione essenziale per la simbolizzazione e la regolazione affettiva).
- La funzione α e la trasformazione degli elementi β (descrive il processo attraverso cui la mente elabora l’esperienza grezza per renderla pensabile).
- Il gruppo come mente (introduce un modello per comprendere la dinamica dei gruppi, basato su ipotesi inconsce collettive).
Note biografiche
Wilfred Ruprecht Bion nasce nel 1897 a Muttra, in India, allora parte dell’Impero Britannico. Cresciuto in un contesto coloniale, fu inviato in Inghilterra per l’istruzione. Durante la Prima Guerra Mondiale, si arruolò nell’esercito britannico ricevendo la Decorazione per il Valore Militare per il suo coraggio, ma l’esperienza del conflitto lo segnò profondamente, influenzando il suo successivo interesse per la psiche umana.
Dopo la guerra, intraprese studi di medicina presso l’University College di Londra e in seguito si formò come psicoanalista presso la British Psychoanalytical Society, entrando in contatto con influenti figure del tempo, tra cui Melanie Klein, di cui divenne allievo e collaboratore. Trascorse gli ultimi anni della sua vita negli Stati Uniti, continuando a scrivere e insegnare. Fece ritorno nel Regno Unito poco prima della sua morte (Oxford 1979).
Bion La funzione del Sogno: da via di accesso all’inconscio alla formazione del pensiero
La teoria classica del sogno, formulata da Freud, concepiva l’attività onirica come espressione di desideri inconsci soggetti ai processi di condensazione e spostamento. Melanie Klein, successivamente, enfatizzò la dimensione fantasmatico-proiettiva del sogno, inteso come teatro delle angosce primitive del bambino e luogo di elaborazione della relazione con gli oggetti interni.
Bion opera un significativo scarto concettuale, ponendo il sogno non più come rappresentazione simbolica di contenuti inconsci, bensì come una funzione mentale essenziale, attiva sia nello stato di veglia che nel sonno. Introduce il concetto di “sognare i pensieri non pensati“, ovvero il processo attraverso cui la mente trasforma impressioni sensoriali ed esperienze emotive grezze in elementi pensabili e simbolizzabili (Bion 1962a, p. 41).
Bion La funzione del Sogno come funzione della mente
Per Wilfred Bion, il sogno non è semplicemente un fenomeno che si verifica durante il sonno, ma una funzione della mente, un’attività continua e necessaria per il pensiero e per la regolazione emotiva. La sua teoria segna una profonda innovazione rispetto al passato.
“Chi dorme ha un’esperienza emotiva, la converte in elementi alfa e diventa in tal modo capace di pensieri onirici. Egli ha così la facoltà di rendersene cosciente (cioè di svegliarsi) e di descrivere la sua esperienza emotiva con un racconto che chiamiamo sogno (Bion,1962a, p 37).
Sognare per pensare: la trasformazione dell’esperienza
Bion sottolinea che la mente umana è costantemente impegnata nella trasformazione di esperienze grezze e pre-verbali in elementi che possano essere pensati, simbolizzati e utilizzati nella vita mentale quotidiana.
Così il sogno ha una funzione metabolizzante: aiuta a elaborare emozioni e vissuti che, senza questa trasformazione, rimarrebbero allo stato primitivo, accumulandosi come materiale psichico non digerito. Questa funzione è cruciale non solo per il benessere emotivo, ma anche per il funzionamento cognitivo: senza la capacità di sognare, la mente rischia di essere sopraffatta da un sovraccarico di impressioni sensoriali e affettive che non possono essere comprese né integrate.
Il sogno, quindi, non è solo una produzione notturna della mente, ma un’attività continua e indispensabile per il pensiero. È una sorta di laboratorio interno in cui la mente lavora incessantemente per dare forma alle esperienze vissute, renderle pensabili e inserirle in un contesto più ampio di significato.
Il sogno come digestione psichica
Bion paragona la funzione del sogno a un processo digestivo: così come il corpo deve trasformare il cibo ingerito in sostanze assimilabili, la mente deve trasformare le esperienze vissute in elementi pensabili. Se il sistema digestivo è disturbato, il cibo rimane indigesto e può provocare malessere; analogamente, se la capacità di sognare è compromessa, le esperienze emotive restano grezze e non simbolizzate, generando stati di confusione, ansia e angoscia primitiva.
Questa analogia è particolarmente evidente nel contesto di quelle esperienze che, non essendo state elaborate, rimangono nella psiche in una forma caotica e non pensabile. Il sogno, attraverso la sua funzione trasformativa, aiuta a convertire questi elementi indifferenziati e primitivi in immagini e pensieri simbolizzabili e utilizzabili nel pensiero cosciente.
Cosa accade quando il sogno fallisce?
Se la funzione del sogno è compromessa o insufficiente, la mente non riesce a elaborare le esperienze in modo adeguato. Questo può portare a diverse conseguenze psicopatologiche, tra cui:
Accumulo di ansia non elaborata – Le emozioni non trasformate restano allo stato grezzo, generando un senso di angoscia diffusa e incomprensibile.
- Disturbi del pensiero – Senza la capacità di trasformare l’esperienza in pensiero, la mente può trovarsi in uno stato di confusione, disorganizzazione e frammentazione.
- Allucinazioni e deliri – Nei casi più gravi, soprattutto nelle psicosi, la mancanza di una funzione onirica efficace porta a un accumulo di materiale non elaborato (elementi β), che può manifestarsi attraverso allucinazioni (esperienze sensoriali non mediate dalla funzione del pensiero) o deliri (tentativi disfunzionali di dare senso a un vissuto caotico).
- Rigidità mentale e pensiero concreto – Se la funzione onirica è debole, il pensiero può perdere la capacità di simbolizzare e astrarre, rimanendo bloccato su modalità rigide e concrete.
In altre parole, senza la capacità di sognare, la mente perde la possibilità di elaborare le esperienze e di trasformarle in narrazioni comprensibili.
Quindi il sogno non è solo un fenomeno notturno, ma un processo vitale per la salute psichica e per la costruzione del pensiero. Non è più un contenitore di significati latenti da interpretare, ma un processo trasformativo essenziale per la regolazione affettiva e la costruzione del pensiero. Il fallimento della funzione onirica compromette la capacità di integrare l’esperienza e favorisce la frammentazione psichica, come si osserva nei disturbi gravi del pensiero e nelle manifestazioni post-traumatiche
Il sogno nella terapia: il terapeuta come sognatore
Nel contesto terapeutico, Bion enfatizza l’importanza della rêverie da parte dell’analista, che deve essere capace di “sognare” l’esperienza del paziente, aiutandolo a trasformare i suoi vissuti non pensabili in qualcosa di simbolizzabile.
In particolare, il terapeuta deve mantenere una posizione di apertura e di ascolto profondo, evitando di forzare interpretazioni rigide e precostituite. Questo approccio permette di entrare in risonanza con il mondo interno del paziente e di offrirgli uno spazio in cui le sue esperienze possano essere pensate e rielaborate.
Bion suggerisce che il terapeuta, proprio come una madre che contiene e trasforma le angosce del bambino, debba fungere da contenitore per il paziente, aiutandolo a sviluppare o a ripristinare la propria capacità di sognare e di pensare.
Sognare per esistere
La teoria di Bion sul sogno rappresenta una rivoluzione nel modo di concepire la vita psichica. Il sogno non è più solo un fenomeno legato alla notte e all’inconscio rimosso, ma una funzione mentale costante e imprescindibile per il pensiero e per l’elaborazione emotiva.
In questa prospettiva, sognare significa vivere pienamente le proprie esperienze, trasformarle in narrazioni pensabili e integrarle nella propria identità. Quando questa funzione è carente o compromessa, il pensiero si disgrega e la mente può essere sopraffatta dal caos dell’esperienza non elaborata.
Sognare, dunque, è molto più di un atto notturno: è un’attività vitale che consente alla psiche di trasformare la realtà in significato e di costruire un ponte tra il mondo interno e quello esterno.
Bion La funzione α e il fallimento del processo onirico
Uno dei contributi più innovativi di Bion è il concetto di funzione α, intesa come dispositivo mentale che elabora le esperienze sensoriali ed emotive, trasformandole in pensieri utilizzabili. Deputato quindi alla trasformazione degli elementi β (esperienze non mentalizzate, non elaborate, non digerite, non simbolizzabili) in elementi α (rappresentazioni simboliche suscettibili di essere pensate e integrate nella coscienza, comunicate).
“La funzione alfa è quella funzione che prende gli elementi beta (esperienze sensoriali, affettive, pre-verbali, non pensabili) e li trasforma in elementi pensabili, cioè in materiale che può essere elaborato dalla mente e utilizzato nel pensiero. Senza la funzione alfa, gli elementi beta rimarrebbero non digeriti, non assimilati, e continuerebbero a produrre caos e confusione mentale”(Bion, 1962c, p. 216).
Quando la funzione α risulta deficitaria o compromessa, l’individuo sperimenta una condizione di pensiero primitivo e grezzo, caratterizzato da un’incapacità di elaborare le esperienze emotive, con il rischio di un accumulo di contenuti non metabolizzati che possono manifestarsi sotto forma di stati di confusione mentale, angoscia non pensata o sintomatologia psicotica.
Elementi β: la materia grezza della psiche
Gli elementi β sono esperienze psichiche che non hanno ancora subito alcuna elaborazione simbolica. Sono vissuti emotivi crudi, sensazioni corporee, impressioni confuse che non possono essere integrate nel pensiero e che restano come frammenti disorganizzati nella mente. Quando una persona è in grado di attivare la funzione α, questi elementi vengono trasformati in elementi α, ovvero immagini, parole e concetti che possono essere assimilati, pensati e rielaborati.
Bion sottolinea che, nei casi in cui la funzione α è deficitaria o non operativa, gli elementi β rimangono nella psiche in forma non pensabile. Questo porta a una serie di disturbi del pensiero e della regolazione emotiva, con conseguenze che possono variare dall’ansia e dalla confusione mentale fino a stati di grave frammentazione psichica, tipici della psicosi (vedi sopra, nel paragrafo “Cosa accade quando il sogno fallisce?”).
La funzione α come processo di trasformazione mentale
La funzione α opera attraverso un processo di metabolizzazione dell’esperienza:
- Esperienza grezza (elementi β) – L’ individuo sperimenta un’emozione o una percezione ancora informe.
- Funzione α attiva – L’esperienza viene trasformata in immagini, parole e simboli, rendendola pensabile.
- Elaborazione e integrazione – L’esperienza può essere utilizzata nel pensiero, nei sogni, nella creatività o nel linguaggio.
Se la funzione α è disturbata o inefficace, le esperienze emotive restano in una forma indigerita, come dati che la mente non riesce a elaborare. Questo può causare angoscia intensa e stati mentali caotici.
Deficit della funzione α e disturbi del pensiero
Quando la funzione α non è adeguatamente sviluppata o viene sopraffatta da un eccesso di elementi β, si possono manifestare diverse forme di patologia del pensiero:
- Difficoltà cognitive e disorganizzazione mentale – Se le esperienze non vengono trasformate in pensiero, la persona può avere difficoltà a riflettere, associare idee e costruire un senso di continuità nel proprio vissuto.
- Ansia e angoscia primitiva – Gli elementi β non elaborati possono manifestarsi come stati di angoscia diffusa e irrazionale, che la persona non riesce a comprendere né a gestire.
- Pensiero concreto e rigidità mentale – Se la funzione α è debole, il pensiero tende a essere poco simbolico, rigido, eccessivamente concreto, con difficoltà nel cogliere le metafore e le sfumature emotive.
- Psicosi e frammentazione psichica – Nei casi più gravi, gli elementi β si accumulano fino a creare una rottura nella capacità di pensare. La mente diventa un ricettacolo di esperienze non metabolizzate, che possono manifestarsi come allucinazioni (proiezione all’esterno degli elementi β) o deliri (tentativi disfunzionali di dare un senso a un vissuto caotico).
Bion osserva che nella psicosi la mente non è in grado di trasformare le esperienze in pensieri, ma può solo evacuare gli elementi β, proiettandoli all’esterno o trattenendoli come stati di angoscia insopportabile.
La funzione α e la rêverie materna
Secondo Bion, la funzione α si sviluppa in gran parte grazie all’interazione con la madre (o il caregiver primario). Il neonato, non essendo in grado di elaborare le proprie emozioni, affida inconsapevolmente alla madre i suoi stati emotivi caotici. La madre, attraverso la rêverie (un atteggiamento empatico e ricettivo), riceve, modula e restituisce al bambino un’esperienza trasformata e pensabile.
Se la madre è capace di svolgere questa funzione di contenimento e trasformazione, il bambino impara gradualmente a interiorizzare la funzione α e a sviluppare la capacità di pensare. Se invece la madre è incapace di accogliere e trasformare le emozioni del bambino (ad esempio perché è troppo ansiosa, assente o disturbata), il bambino può sviluppare un deficit nella funzione α e, di conseguenza, difficoltà nel gestire le proprie emozioni e nel pensare in modo fluido e integrato.
“Rêverie sta a designare lo stato mentale aperto alla ricezione di tutti gli “oggetti” provenienti dall’oggetto amato, quello stato cioè capace di recepire le identificazioni proiettive del bambino, indipendentemente dal fatto che costui le avveta come buone o come cattive. In conclusione, la rêverie è uno dei fattori della funzione α della madre” (Bion, 1962a, p.69)
La funzione α nella terapia psicoanalitica
La funzione α è centrale anche nel setting terapeutico: attraverso la propria rêverie e capacità di contenere l’esperienza emotiva del paziente, il terapeuta aiuta a trasformare le emozioni non pensate in materiale simbolico elaborabile. Questo processo permette di ripristinare o potenziare la funzione α, facilitando l’integrazione di esperienze che prima erano rimaste in uno stato caotico e non pensabile.
Funzione α Conclusioni
La funzione α è un elemento essenziale nel modello teorico di Bion perché spiega come il pensiero si sviluppa e si mantiene nel tempo. Un funzionamento adeguato di questa funzione consente di trasformare l’esperienza in conoscenza e crescita mentale, mentre un suo deficit porta a stati di sofferenza psicologica, che possono variare dalla difficoltà nel gestire le emozioni fino alle forme più gravi di disorganizzazione psichica.
In questo senso, il pensiero non è solo un’attività cognitiva, ma un vero e proprio processo di metabolizzazione emotiva, in cui il sogno (inteso come funzione e non solo come esperienza notturna) gioca un ruolo cruciale.
Bion la funzione del sogno e l’eredità nelle moderne teorie
L’approccio bioniano ha avuto un impatto significativo su diverse aree della psicoanalisi e della ricerca contemporanea:
- Il sogno come funzione di simbolizzazione primaria → Autori post-bioniani, tra cui Thomas Ogden e Antonino Ferro, hanno sviluppato ulteriormente il concetto di sogno come processo continuo di costruzione della realtà psichica, ampliando la teoria della rêverie e del campo analitico.
- La rêverie e la regolazione emotiva → Il concetto di rêverie materna, intesa come la capacità del caregiver di trasformare le angosce del bambino in stati mentali pensabili, ha influenzato profondamente le moderne teorie dell’attaccamento e della mentalizzazione (Peter Fonagy).
- Il sogno e il trauma → Studi recenti sulla PTSD e sulle neuroscienze del sonno confermano l’idea bioniana che il fallimento del processo onirico possa portare alla persistenza di memorie non elaborate, inaccessibili alla simbolizzazione e quindi fonte di disregolazione emotiva.
Marzia Mazzavillani Copyright © Vietata la riproduzione del testo
Bibliografia
- Bion, W. R. (1962a). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando Editore, 1972.
- Bion, W. R. (1962b). Una teoria del pensare. In Cogitations. Milano: Raffaello Cortina Editore, 1992.
- Bion, W. R. (1962c). Elementi di psicoanalisi. Astrolabio Editore, 2015.
- Bion, W. R. (1967). Riflessioni secondarie. Roma: Armando Editore, 1975.
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