Il sogno di Jung della casa a più piani è uno dei miei preferiti e uno dei più importanti fra quelli che vengono riportati nel suo “Memorie, sogni, riflessioni”. Se oggi ci appare chiaro, con tutti i simboli che creano un percorso di discesa nell’inconscio, allora fu una vera scoperta. Scoperta che portò Jung a scorgervi un valore collettivo.
Il sogno di Jung del 1909 in cui discende i piani di casa sua fino a scoprire cantina, sotterraneo e caverna è uno dei più importanti, perchè gli mostrò la connessione fra ere storiche ed esperienza individuale e lo portò a formulare il concetto di inconscio collettivo.
E’ importante ricordare che C.G.Jung fece questo sogno nel momento in cui si stava precisando la sua critica nei confronti di Freud e delle sue teorie, ma ancora ne subiva influenza e autorità.
Fu per lui normale, quindi, proporre l’interpretazione del sogno a Freud che non ne colse la complessità ed il retaggio. Al contrario, l’analisi di questo sogno portò alla luce la dinamica fra i due che, da positiva ed improntata al rapporto maestro-discepolo, si stava rapidamente trasformando.
E portò Jung a riflettere anche sulla dottrina Freudiana:
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“Nei giorni precedenti il sogno mi ero posto molti scottanti interrogativi:
- Su quali premesse si fonda la dottrina di Freud?
- A quale categoria del pensiero umano essa appartiene?
- Il suo quasi esclusivo personalismo in che rapporto sta con le generali premesse storiche?
Il mio sogno mi dava la risposta”
Il sogno di Jung è affascinante e assai chiaro: si svolge nella casa di Jung che coglie e apprezza ogni particolare dell’arredamento. E’ significativo il fatto che nella prima immagine di questa casa venga mostrato il piano superiore, simbolo del pensiero, del ragionamento, della coscienza, della vita diurna.
Come se l’inconscio avesse deciso di partire da territori più accessibile alla mente (anche alla grande mente di studioso di Jung).
Mente che tuttavia non si compiace solo di questo aspetto gratificante e comprensibile del sogno, ma che desidera conoscere altro: il piano inferiore.
Inizia così il percorso onirico che condurrà fino alle fondamenta di casa in cui Jung troverà le tracce delle esperienze più antiche dell’umanità, tracce presenti dentro di sé come una eredità sepolta, tracce che confermavano la sua stessa appartenenza al genere umano.
Ecco il racconto del sogno di Jung nelle sue memorie:
“Ero in una casa sconosciuta a due piani. Era “la mia casa”. Mi trovavo al piano superiore, dove c’era una specie di salotto ammobiliato con bei mobili antichi di stile rococò. Alle pareti erano appesi antichi quadri di valore. Mi sorprendevo che questa dovesse essere la mia casa, e pensavo:”Non è male!”
Ma allora mi veniva in mente di non sapere che aspetto avesse il piano inferiore. Scendevo le scale, e raggiungevo il piano terreno. Tutto era molto più antico, e capivo che questa parte della casa doveva risalire circa al XV o al XVI secolo.
L’arredamento era medioevale, e i pavimenti erano di mattoni rossi. Tutto era piuttosto buio. Andavo da una stanza all’altra, pensando:” Ora veramente devo esplorare tutta la casa!”
Giungevo dinanzi ad una pesante porta, e l’aprivo: scoprivo una scala di pietra che conduceva in cantina. Scendevo, e mi trovavo in una stanza con un bel soffitto a volta, eccezionalmente antica.
Esaminando le pareti scoprivo, in mezzo ai comuni blocchi di pietra, strati di mattoni e frammenti di mattoni contenuti nella calcina: da questo mi rendevo conto che i muri risalivano all’epoca romana. Ero più che mai interessato.
Esaminavo anche il pavimento, che era di lastre di pietra, e su una notavo un anello: lo tiravo su, e la lastra di pietra si sollevava, rivelando un’altra scala, di stretti gradini di pietra che portava giù in profondità.
Scendevo anche questi scalini, e entravo in una bassa caverna scavata nella roccia. Uno spesso strato di polvere ne copriva il pavimento, e nella polvere erano sparpagliati ossa e cocci, come i resti di una civiltà primitiva. Scoprivo due teschi umani, evidentemente di epoca remota e mezzo distrutti. A questo punto il sogno finiva. ”
(Memories, Dreams, Reflections of C.G Jung – Random House 1961)
La casa con i suoi piani rappresentava tutte le stratificazioni della sua coscienza, fino a giungere a quelle più remote (la caverna preistorica) e la discesa in profondità alludeva alla discesa nelle profondità dell’inconscio fino a scoprirvi i recessi più lontani dall’esperienza del presente, più legati ad aspetti collettivi e archetipici.
Mentre due teschi trovati nella caverna del sogno di Jung sono il più chiaro simbolo dell’essenza umana, di ciò che contraddistingue l’uomo di ogni tempo, luogo e cultura.
Ecco come spiega Jung questa parte del sogno:
“Col pianterreno cominciava l’inconscio vero e proprio. Quanto più scendevo in basso, tanto più diveniva estraneo e oscuro. Nella caverna avevo scoperto i resti di una primitiva civiltà, cioè il mondo dell’uomo primitivo in me stesso, un mondo che solo a stento può esser raggiunto ed illuminato dalla coscienza.
La psiche primitiva dell’uomo confina con la vita dell’anima animale, così come le caverne dei tempi preistorici erano di solito abitate da animali prima che gli uomini le rivendicassero per sé.” Pag. 188
Quando Jung raccontò a Freud questo sogno questi si concentrò proprio sul significato simbolico dei teschi che mostravano per lui segreti desideri di morte.
Questa interpretazione era per Jung restrittiva e si rese conto di quanto fosse grande la differenza tra l’atteggiamento intellettuale e positivistico di Freud ed il suo.
Scrive a questo proposito:
“Come ho già detto, Freud o era incapace di interpretare i sogni che avevo, o li interpretava solo parzialmente.
Erano sogni di contenuto collettivo, con una quantità di materiale simbolico: uno per me fu particolarmente importante, perchè per la prima volta mi indusse al concetto di “inconscio collettivo” e pertanto rappresentò una specie di preludio al mio libro Wandlungen und Symbole der Libido”. 186
Il sogno di Jung della casa a più piani divenne per lui una “immagine guida”che gli fece intuire l’esistenza nella psiche personale di una traccia collettiva che chiamò “ inconscio collettivo” e di rappresentazioni simboliche comuni ad ogni popolo e cultura che chiamò “archetipi”.
“Fu la mia prima intuizione dell’esistenza, nella psiche personale, di un a priori collettivo, che dapprima ritenni fosse costituito da tracce di primitivi modi di agire.
In seguito, con la più vasta esperienza e sulla base di più sicure conoscenze, ravvisai, in quei modi di agire delle forme istintive, cioè degli archetipi.” (pag 188)
Marzia Mazzavillani Copyright © Vietata la riproduzione del testo
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